DIASTASI ADDOMINALE

La mia esperienza – dalla scoperta all’intervento

Partiamo da una semplice domanda: cos’è la diastasi addominale?

È la separazione eccessiva della parte destra dalla parte sinistra del muscolo retto addominale. Naturalmente durante la gravidanza questo è normale: i nostri retti si separano per fare posto al pancione che esce.

Una volta partorito, nella norma i retti tornano in qualche mese nella loro posizione regolare.

Ad alcune (fortunelle!) questo non succede, specialmente dopo il cesareo. Ma attenzione, io ho avuto due parti naturali eppure mi è successo!

E no, non c’entra quanti kg si prendono in gravidanza né si può davvero prevenire: di nuovo, io non ho preso un peso eccessivo e ho anche fatto regolarmente sport.

Sintomi della diastasi addominale

In base a tutte le testimonianze che ho letto, la sintomatologia è abbastanza amplia ma certamente ci sono spesso:

mal di schiena (ce l’avevo)

incontinenza (lieve ma c’era)

possibili ernie (ce l’avevo)

gonfiore esagerato dopo i pasti (ce l’avevo)

pelle floscia (ce l’avevo)

Ho letto anche di stitichezza, difficoltà a digerire e, a seconda della gravità, molti movimenti sono infattibili.

Va da sé che se i retti non chiudono, le nostre viscere spingono in fuori e gli organi non stanno nella loro sede. Insomma, tutto l’equilibrio interno viene compromesso.

Ecco perché chiunque ti dica che è solo un vezzo estetico, non sa di cosa parla!

E poi, anche fosse, penso che nessuno abbia il diritto di giudicare come una donna vive il proprio corpo.

Diastasi: come diagnosticarla

All’epoca io partii da una semplice autovalutazione. Basta stendersi con le gambe piegate e le piante dei piedi appoggiate a terra. A quel punto simuli un addominale, tirando su il busto e contraendo (puoi aiutarti con un finto colpo di tosse). 

Nel mentre, infila le dita sopra e sotto l’ombelico: se ci passano, non è un buon segno.

L’esame standard per vedere se c’è diastasi addominale è l’ecografia della parete addominale, che puoi farti prescrivere dal tuo medico di base.

Non è precisissimo, nel senso che in molti casi l’ampiezza rilevata si scopre essere maggiore durante l’intervento (la diastasi si valuta in cm) ma sufficiente a vedere se comunque c’è. Quindi è importante che sul referto vengano scritti i cm.

Anche sull’ernia non è preciso, a me non l’avevano vista ad esempio e la cosa comica è che a mio modesto parere si vedeva a occhio nudo… di certo io la sentivo!

Per avere una valutazione al 100% accurata occorre fare la risonanza magnetica con una dicitura specifica, che io comunque non ho mai fatto.

Serve sempre un intervento chiurgico?

La risposta è no.

Sotto i 3 cm pare che sia molto efficace la ginnastica ipopressiva, che poi è la stessa che viene consigliata in seguito all’intervento per rieducare l’addome.

Grazie a questa ginnastica una piccola diastasi si può ridurre notevolmente e i sintomi sparire.

Attenzione: ci sono moltissimi sport che vanno evitati e certamente non si possono fare i tradizionali addominali, altrimenti peggiorerai la situazione. Io l’ho peggiorata incaponendomi a fare pilates, nonostante lo facessi in modo blando perché molti esercizi non li sostenevo più.

Sopra i 3 cm invece non c’è santo che tenga. Se vuoi risolvere, serve l’intervento. Io di cm ne avevo 6, con pelle in eccesso.

Ovviamente puoi comunque convivere serenamente con la tua diastasi se non ti crea troppi problemi funzionali e/o estetici.

Chirurgia e diastasi addominale

Non sono un’esperta e non voglio dire fesserie, quindi mi raccomando informati da fonti autorevoli.

Da quel che ho letto è possibile semplicemente richiudere i retti con un intervento in laparoscopia, quindi minimamente invasivo e con una ripresa veloce.

Se però c’è della pelle in eccesso o il classico ‘grembiule’, occorre valutare oltre alla chiusura dei retti anche una mini-addominoplastica (dall’ombelico in giù) o un’addominoplastica (da sterno a pube).

Naturalmente, durante gli interventi vengono sistemate anche eventuali ernie.

Alcuni chirurghi scelgono di inserire una ‘rete’ che tenga ferma la parete addominale ma su questo ci sono pareri contrastanti. Il mio non mi ha messo rete e francamente preferisco.

Il mio intervento

Io che non mi sono fatta mancare nulla, ho optato per chiusura dei retti + addominoplastica + rimozione dell’ernia.

Ho scelto di farlo privatamente con questo chirurgo qui, di cui avevo letto meraviglie e infatti sono molto soddisfatta.

Perché ho scelto la strada privata?

Perché innanzitutto volevo decidere il periodo, mentre le liste d’attesa con il SSN possono andare da 6 mesi a 3 anni. 

In secondo luogo, volevo essere certa che il chirurgo fosse specializzato in questo e che mi garantisse un ottimo risultato sotto tutti i punti di vista.

Questo tipo di intervento è in anestesia generale e la durata può variare a seconda della complessità del caso; io sono stata dentro circa due ore e mezza.

Mi hanno scollato tutto e risistemato, con un taglio che va da fianco a fianco e un piccolissimo taglietto verticale. La cicatrice è in via di guarigione ed è così bassa che posso nasconderla sotto gli slip (non che mi interessi particolarmente nasconderla).

Trattandola correttamente, in un annetto circa dovrebbe diventare veramente poco visibile.

È importantissimo massaggiarla perché non si creino aderenze (questo vale anche per la cicatrice del cesareo).

Il SSN riconosce la diastasi come patologia solo a certe condizioni che però variano di regione in regione. Questo significa che solo alcune persone riescono a farsi passare l’intervento (per i dettagli, ti dirò in fondo dove trovare più informazioni).

Dolore? Ripresa?

Questo intervento non è una passeggiata e questo lo potrà confermare chiunque.

La ripresa è lunga ma costante e ci vuole tanta pazienza (aspetto su cui mi sto ancora allenando :P).

Però passati i primi due giorni è veramente tutto in discesa: una discesa a volte impercettibile, a volte molto più ripida ma comunque costante.

È fondamentale dare il tempo al corpo di riprendersi e seguire attentamente le indicazioni del medico.

A mio parere, se fai un lavoro fisicamente impegnativo anche solo perché devi stare molto in piedi, un mese di stop ci vuole.

Io, lavorando col pc comodamente da casa, ho ripreso due giorni dopo con ritmi più lenti.

Appena sveglia la morfina fa il suo gioco quindi il dolore c’è stato ma era tollerabile. Una volta a casa con i drenaggi (ho fatto una sola notte in clinica ma in ospedale tengono un po’ di più) ho usato l’Aulin non tanto per il dolore addominale ma per il mal di schiena e collo. Infatti non è possibile sdraiarsi né tantomeno dormire su un fianco.

I primi giorni ho dormito praticamente seduta in stile mummia, con le gambe su.

Il male piuttosto l’ho sentito a ogni singolo colpo di tosse e starnuto, specialmente all’altezza dei punti interni lì dove c’era l’ernia. Anche quello però tende a calare in fretta, quindi si può fare!

Ora è passata una settimana e mezzo ed è incredibile quanto stia migliorando tutto.

Certamente non sollevo pesi, mi piego facendo squat e dormo ancora con il busto sollevato ma è tutto molto più gestibile.

Insomma, io sono felice di averlo fatto e di poter man mano riprendere controllo sul mio corpo, allenarmi per sentirmi bene e centrata. Anche perché non è che invecchiando la situazione sarebbe migliorata!


In conclusione

La diastasi addominale esiste e non va presa sotto gamba.

La casistica è veramente tanto grande e ognuna sa in cuor suo se vale la pena vivere con questa compagna o se la qualità della sua vita è peggiorata in maniera insopportabile.

In tutti i modi non scoraggiarti se qualcuno ti dice che ‘devi solo fare qualche addominale’ o ‘basta stare a dieta’: non sanno di cosa parlano!

Se hai il sospetto o la certezza di fare parte di questo fantastiglioso club, il mio consiglio è di iscriverti al gruppo Facebook “DIASTASI DONNA ODV – Pazienti che lottano per il SSN” perché lì troverai veramente tantissime info utili (ad esempio il nome dei chirurghi che operano pubblicamente regione per regione) e tante altre donne con cui confrontarti.

Per me è stata una grande risorsa, anche per trovare il coraggio di operarmi con una (relativa) serenità.

La verità sotto al costume

Body shaming e post parto. Non dobbiamo vergognarci dei segni che la gravidanza lascia sul nostro corpo

Vi capita mai in spiaggia di guardare una persona immaginando cose su di lei? A me molto spesso.

Al mare ci spogliamo dei vestiti e questo, ci piaccia o meno, ci rende vulnerabili perché la maggior parte di noi si identifica col modo di vestire o magari con un make up (o più spesso con entrambi); io per prima mi esprimo moltissimo tramite uno stile personale e ho sempre trovato la moda un gioco divertente, simile all’arte in un certo senso.

Così, mentre dal punto di vista intellettuale ho sempre avuto una buona fiducia in me stessa, da quello fisico sono decisamente più vulnerabile, complici le brutte esperienze dell’adolescenza sulle quali ho dovuto lavorare molto per poterle etichettare per quello che erano: stupiderie da sbarbatelli.

Capita però che in certi momenti quel ‘sei grassa’ o quello sguardo di schernimento facciano capolino, nonostante io sia una donna che ha imparato che la bellezza è qualcosa di effimero, soggettivo e decisamente non duraturo. Con questo ben venga il prendersi cura di se stesse ma come mi disse una conoscente chirurgo estetico: ‘La vera bellezza è fino ai 20, poi parliamo di mantenimento’. E il corpo di una mamma lo sa bene che per amore (da dare e da ricevere) si può sacrificare e mettere alla prova quel corpo, che poi nonostante i segni che riporta viene visto sotto una luce nuova: una macchina capace di cose straordinarie.

Per questo in tante con la maternità acquisiscono sicurezza in tutti i campi e penso sia un’esperienza che se accolta nel modo giusto possa aiutarci a portare alla luce quelle che siamo veramente, sotto ai complessi inutili e alle paure.

Però (c’è sempre un però!) capita poi che dopo due sole gravidanze ti trovi a fare i conti con una parte del corpo con la quale mai sei andata d’accordo, e che ora ti pone di fronte a una nuova sfida. Ebbene sì, sono una di quelle fortunate a cui le gravidanze hanno portato diastasi addominale: condizione che in molte donne ignorano (e magari ce l’hanno) perché se ne parla poco; si tratta in sostanza della separazione dei retti addominali che rimane tale anche quando l’utero torna di dimensioni normali. Lo chiamo affettuosamente ‘il buco’ e in effetti è proprio un buco nel quale si può infilare un pugno. Ci sono vari gradi di gravità a seconda dei cm di separazione e della lunghezza in verticale, nel mio caso non so ancora a quanto io sia arrivata dopo la nascita di Leonardo ma sicuramente 5 cm ci sono tutti.

Mi ritrovo quindi con un’ernia ombelicale (già da dopo Matteo) e la pelle attorno all’ombelico che cade letteralmente in dentro non essendoci sotto nulla a sostenerla, oltre a un rigolo di smagliature che la rendono flaccida come quella di una novantenne e un ombelico che non si può nemmeno chiamare tale. C’è di peggio eh, ma c’è anche di meglio credetemi. A 33 anni non vorresti mai non poterti mettere un bikini.

Il paradosso è che ho ripreso il peso pre-gravidanza in un battibaleno e anzi peso meno di prima. Se mi fossi vista così dopo la prima gravidanza sarei andata nel panico lo ammetto, ora invece dopo lo scoraggiamento (consistente) iniziale mi sembra quasi una cicatrice di guerra.

Mi opererò e l’addome tornerà ad avere un aspetto gradevole, perciò non ho scritto questo post per buttarla sul tragico, bensì perché in un periodo nel quale si parla di body shaming mi è sembrato doveroso contribuire a diffondere la vera informazione sul corpo post parto che ancora oggi, nonostante tutti i veli che sono caduti relativamente alla maternità, porta come riferimento le vip o influencer di turno che si mostrano due settimane dopo il parto con un corpo praticamente intonso, come non avessero mai partorito.

Con questo non fraintendetemi, ci sono anche quelle fortunate alle quali rimangono segni invisibili (quantomeno al primo giro) ma non dovrebbe essere ‘la norma’. Rimango poi convinta che quelle foto che ritraggono donne fiere del proprio corpo perfetto appena dopo il parto, siano coperte da filtri e ritocchi e mi dà profondamente fastidio siano accompagnate da finte caption che invitano all’autoaccettazione e alla celebrazione della propria vera bellezza.

Perciò quando sotto alcune recenti foto mi sono vista scrivere ‘Ma sei già magrissima!’ ‘Sei in splendida forma!’ mi sono sentita un po’ in colpa, perché la realtà sotto i vestiti è diversa e mi sono chiesta se fosse giusto per me dovermene in fondo vergognare.

Poi sono capitata su Instagram sotto un account meraviglioso che si chiama ‘post partum’ e lì sì ho visto la vera battaglia delle donne per celebrare i propri corpi guerrieri. E allora anche io lascio il mio piccolo contributo, la pancia che nelle prime settimane mi ha fatto tanto sentire a disagio perfino con mio marito, e che invece inaspettatamente mi ha fatto sentire fiera sulla spiaggia anche se coperta da un costume intero. L’estate prossima o quella dopo metterò un bikini spero, ora però guardo quella pelle molle e la ringrazio per aver ospitato due bambini, i miei bambini.