Inserimento, pappa, sonno… Parliamone

Ciao a tutte, e soprattutto ciao alle mamme visto che questa rubrica riguarda soprattutto voi, anzi, noi.

Sono super felice di partire con questa collaborazione che mi entusiasma tantissimo visto che riguarda temi che mi stanno a cuore e nasce da un’idea mia e di Stefania, titolare del Kimba Community Center.

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Kimba Community Center  è fisicamente composto da un nido e dalla ludoteca 0-3, ma è molto di più in realtà perchè comprende tantissimi laboratori sia per bimbi che per genitori e bimbi insieme, ed è il risultato dell’unione di molteplici professionisti che ruotano attorno al mondo dell’infanzia. Inoltre da quest’anno si è arricchito anche della Grotta del Sale riempita con sale rosa dell’himalaya, nella quale possono accedere sia i soli adulti (anche childfree) sia adulti e bambini insieme, e che ha un effetto benefico sui bronchi funzionando da aerosol passivo e molto concentrato (ma ve ne parlerò meglio in futuro).

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In 10 post tratteremo diversi argomenti che ruotano attorno al mondo dell’infanzia , tanto per dirvene alcuni parleremo di spannolinamento, di giochi, di sonno e tanto altro. Vi chiedo a tal proposito di scrivermi nei commenti se c’è un qualche tema di cui vorreste leggere, considerando che qualche volta partiremo dal punto di vista dei grandi (genitori ma anche educatori e psicologi) mentre altre volte da quello dei piccoli.

Partiamo allora col primo argomento che credo sia d’obbligo in questo periodo, l’inserimento. Ma siccome sento tante mamme che raccontano le loro esperienze, ho pensato che sarebbe stato interessante cercare di viverla dal punto di vista del bambino: cosa pensa quando si trova nella nuova situazione? Come vive il temporaneo abbandono della figura di riferimento? A queste domande ha risposto Marida, una bravissima psicologa dell’età evolutiva (vi lascio in fondo i suoi riferimenti in caso di bisogno).

Che ne sarà di me??’ – L’inserimento al nido visto attraverso gli occhi del bambino.

 “Non sono i miei giochi questi, non ho Fuffi con me… e neanche il mio lettino!” “Mi posso fidare di queste persone ? ” “Dov’è la mamma? Perché non torna? Mi lascerà qui?”.

Questi sono soltanto alcuni dei tanti pensieri che un bambino si trova a poter elaborare in un momento così carico di emozioni come quello dell’inserimento al nido. Questo costituisce un importante quanto faticoso traguardo della crescita del piccolo, il quale si trova improvvisamente a doversi relazionare con persone nuove, in un ambiente sconosciuto…e tutto questo lontano dai propri genitori! Per comprendere il motivo di tale difficoltà è opportuno considerare la “Teoria dell’attaccamento” (Bowlby) secondo la quale l’individuo fin dalla nascita avverte il bisogno di percepire la vicinanza ed il contatto fisico con una persona di riferimento, soprattutto in situazioni di potenziale pericolo. Per il piccolo dell’uomo il primo anno di vita è considerato l’intervallo sensibile, in cui la costruzione del legame rappresenta un obiettivo rilevante per lo sviluppo.  Tale periodo viene diviso in 4 fasi:

–        La prima va dalla nascita fino alle otto-dodici settimane: in questo periodo il bambino non è in grado di discriminare le persone che lo circondano anche se può riuscire a riconoscere, attraverso l’odore e la voce, la propria madre. Superate le dodici settimane il piccolo comincia a dare maggiori risposte agli stimoli sociali. In un secondo momento il bambino, pur mantenendo comportamenti generalmente cordiali con chi lo circonda, metterà in atto modi di fare sempre più selettivi, soprattutto con la figura materna;

–        Fra il sesto ed il settimo mese, il bambino diviene maggiormente discriminante nei confronti della persone con le quali entra in contatto;

–        Dal nono mese l’attaccamento con il ‘caregiver’ si fa stabile e decisamente visibile: il bambino richiama l’attenzione della figura di riferimento, la saluta, la usa come base per esplorare l’ambiente, ricerca in lei protezione in particolare se si trova a cospetto di un estraneo;

–        Il comportamento di attaccamento è stabile e profondo fino a circa tre anni, età in cui il bambino acquisisce la capacità di mantenere tranquillità e sicurezza in un ambiente sconosciuto; deve però essere in compagnia di figure di riferimento secondarie, ed avere la certezza che il caregiver faccia presto ritorno.

Generalmente l’inserimento al nido avviene durante le ultime fasi descritte da Bowlby caratterizzate dalla preoccupazione primaria del bambino di sapere in ogni istante dove si trova il suo adulto di riferimento, il suo porto sicuro . Nelle situazioni in cui non vi è una percezione del pericolo il bambino si accontenta di tenere sotto controllo la posizione dell’adulto dedicandosi alle proprie attività di esplorazione. Diversamente, non appena avviene una modificazione (ad esempio ambiente o persone nuove) che aumenta la probabilità del determinarsi di una condizione di pericolo, la situazione cambia radicalmente. Il bambino tenderà a ridurre i comportamenti di esplorazione dell’ambiente circostante e si avvicinerà all’adulto, lo chiamerà, ricercherà contatto fisico per essere consolato, protetto o semplicemente per ricevere segnali e input sulla nuova situazione.

Sento diverse mamme, quando raccontano dell’inserimento al nido del proprio piccolo, raccontare: “È stato molto bravo, ha pianto davvero poco!”. E’ importante non considerare il pianto del bambino un indice della sua “bravura” nell’adattarsi ad un ambiente nuovo: se piange non è un segnale negativo ma, al contrario, il bambino che ha un sano attaccamento alla madre piangerà, cercherà la sua vicinanza e riuscirà a farsi consolare e coccolare al suo ritorno.

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Per vivere questo cambiamento il più serenamente possibile il bambino ha bisogno di leggere sul volto della madre tranquillità , ha bisogno di sapere che si può fidare delle persone che ha incontrato, che il mondo circostante non è pericoloso, che è libero di conoscere il nuovo senza mai perdere il suo punto di riferimento, ha  bisogno delle certezza che la mamma tornerà a prenderlo se lui ne avrà bisogno. Naturalmente per trasmettere tali messaggi al proprio figlio deve il genitore in primis credere a tutto ciò. È fondamentale che il genitore si fidi e si affidi completamente al personale del nido (il periodo dell’inserimento offre la possibilità di gettare le basi e alimentare la fiducia). Non bisogna avere fretta, ogni bambino ha i suoi tempi e, come si diceva precedentemente, è fondamentale avere ben chiaro in testa che dai tempi di separazione non si misura la ‘bravura’ del bimbo, quanto meno quella del genitore. È importante che le naturali preoccupazioni e timori del piccolo vengano accolti, compresi, validati, rassicurati affinchè il bambino possa trasformali in:

 “In questo posto non ci sono i miei giochi , quando tornerò a casa li troverò. Ora vediamo questi come funzionano…! Mamma vuole che gioco con queste dade, sembra tranquilla e sorridente con loro… forse posso giocarci anche io senza paura! La mamma ha detto che torna dopo aver comprato il latte, me lo ha promesso…so che tornerà da me, anche se già mi manca!”

Fatemi sapere cosa ne pensate. Il ninja non va al nido ma frequenta un baby parking ad ogni modo l’inserimento c’è comunque stato ed è durato un mesetto. Mi sono sempre dimostrata sorridente e tranquilla anche se confesso di essere uscita qualche volta col magone…

In caso vi serva l’aiuto della dottoressa Marida Angotti, Psicologa dell’età evolutiva – Esperta in psicodiagnosi – la sua mail è maridangotti@hotmail.it e il suo cell. è 3287669878
Il nuovo sito web del Kimba Community Center è work in progress ma intanto qui troverete tutte le info: http://www.mondokimba.com