Amiche, ai tempi dei bambini

C’erano una volta le amiche.

Quelle con cui parlavi per ore al telefono – rigorosamente fisso – e ti incavolavi se non ti raccontavano tuttomapropriotutto.

Quelle che avevi sempre voglia di vedere, a ogni ora del giorno.

Le stesse con cui avevi sempre un argomento, e al massimo, se non parlavi era perché stavate ridendo come matte.

Poi è arrivato il lavoro, ed ecco che i tempi si sono dimezzati.

Vi accordavate per fugaci ma spassosissime pause pranzo, lunghi aperitivi dopo l’ufficio e serate più contenute, ma sempre possibili, tra il venerdì e il sabato sera. Anzi, forse serate ancora più apprezzate, proprio perché davano modo di staccare del tutto la testa dai problemi.

Poi sono arrivati i mariti, o i compagni in generale.

E allora magari si cercava di prediligere le uscite tra coppie, perché si sa che agli inizi ti dispiace passare le serate separati… E comunque è carino tra coppie dai. Ci si capisce, c’è feeling. E anche quelli della compagnia che erano single restavano sempre quell’elemento naif che ti ricordava che si può avere un’ottima vita sessuale anche senza un partner fisso.

Poi niente, sono arrivati i bambini.

C’è qualcosa in grado di minare le amicizie più dei bambini? Forse solo se ti arruoli nella Legione Straniera.

Tanto per cominciare, per le tue amiche non mamme, già è dura sopportarti: non puoi mai, e quando puoi hai il tempo contato, e quando non è contato va a finire che parli dei mocciosi, e quando non parli dei mocciosi – dopo una certa – la palpebra inizia a calare pericolosamente.

Ok allora esci con le amiche mamme, no problem.

Trovala – dico – trovala una serata in cui potete entrambe, se ci riesci.

Ok ok, vediamoci nel tardo pomeriggio al parchetto che i bambini giocano e noi ci adattiamo dai, e ci ritagliamo quel paio d’ore prima di cena.

Perfetto: arriviamo al parchetto cariche come dei profughi durante la traversata del deserto del Gobi. 

Passeggini, tricicli, biciclette, zaini, borracce, cappellini, antizanzare (anche a gennaio che non si sa mai), merendina, giochi vari, immancabili bolle.

Bene. 

Troviamo una panchina, appoggiamo tutto e liberiamo le best creature a razzolare libere sull’erba.

Guardi la tua amica, lei guarda te: ma quand’è che siamo invecchiate così?

No non siamo vecchie, siamo solo stanche. Morte. 

Perché tiriamo come come dei conigli sotto ectasy ma appena appoggiamo il sedere sulla panchina, c’è immediato il calo dell’adrenalina e per un attimo ci scordiamo anche chi siamo.

Ok – amica mia – facciamolo finalmente sto discorso!

Raccontami TUTTO!

Il lavoro, la vita di coppia, le avventure con i bambini, cosa hai letto, che viaggi stai programmando e anche di quel bellissimo zainetto fatto a mano che hai trovato in quello shop on line.

Finalmente ci vediamo!

“Mammaaaaa! Ho sete”.

Ok tieni amore… Mi dicevi?

“Ueeeeee”

Ok aspetta che vado a vedere se si è fatto male.

Bene respira ancora, dimmi pure.

“Posso salire a testa in giù sulla molla?”

“Hai visto cosa mi ha fatto?”

[Bambino che prende e corre via, sparendo dietro una curva]

Ok l’ho ripreso. Dicevi?

“Nooo stai fermo lì! Non si va nel fosso! Lascia stare quel cane!”

Ok ok, cosa ti stavo dicendo?

Sì, quel nuovo progetto che volev

“Mamma guarda una coccinella!”

“Tieni mamma un fiore”

“Posso prendere il cane?”

“Ho fame”

Ecco no infatti quel progetto. Sì sì bello brava. 

Io invece sono andata…

“Vado a fare la pipì”

“Quel bambino non mi lascia stare!”

Dopo due ore, forse, abbiamo scambiato 15 minuti di chiacchiere. E quando ho azzardato a dire 30 parole di fila, qualcuno dei miei figli ha sicuramente fatto qualcosa che non andava bene o rischiato la vita in qualche modo.

Niente, torniamo a casa stanche e senza essere riuscite a raccontarci nulla sotto il livello di superficie.

Prossima volta, magari, usciamo da sole. Un giorno… settimana prossima? Non riesco… Quella dopo? Ah sei via.

Dai vabbè, ci sentiamo presto eh?

uscire con le amiche insieme ai bambini

Senso di colpa e maternità: un tedioso binomio

Pare che le madri siano le candidate numero uno per provare sensi di colpa.
Pare proprio che li partoriamo insieme ai bambini e ci si attacchino addosso come sanguisughe.
Perché siamo così portate a sentirci in colpa?

Pare che le madri siano le candidate numero uno – primissimo posto indiscusso – per provare sensi di colpa.

Pare proprio che li partoriamo insieme ai bambini. E ci si attaccano addosso come sanguisughe.

Il perché non credo abbia origine univoca ma di certo due fattori ci pesano come macigni: i social e il ruolo femminile contemporaneo.

La mamma di oggi, grazie al cielo, ha il permesso di essere molte altre cose oltre che dispensatrice di vita e di schiaff coccole. Siamo esseri ricchi di interessi, sogni e cose da fare. Esseri umani in poche parole.

Ma forse a causa di quell’istinto biologico che ci spinge (giustamente) verso una dedizione alla cura della prole e un retaggio del passato che ancora riecheggia sotto forma di ‘madre ideale’, sempre disponibile fisicamente ed emotivamente, capita che spesso ci sentiamo in colpa.

Tolgo un’ora a mio figlio perché vado in palestra? Leggero senso di colpa.

Non lo metto a letto ed esco per ubriacarmi con le amiche, mentre mi guarda come il cucciolo più bastonato del mondo? Medio senso di colpa.

Gli sbraito in faccia e non riesco a rispondere al suo bisogno perché sono sull’orlo dell’esaurimento? Grande, grande senso di colpa.

E poi c’è lei. La madre ‘social’.

Ti svelo un segreto: la madre social non esiste. E’ solo una proiezione ideale composta da migliaia di frame di mamme diverse.

Anzi, più che mamme diverse, direi attimi di vita di mamme diverse. Sì perché nella foto con tonalità ben bilanciate, vedrai la madre intenta a giocare con un pezzo di legno insieme al suo bambino, entrambi coinvolti e appagati come fosse l’ultima puntata della serie preferita.

O la madre al parco, mentre il pargolo gioca sorridente nel suo ‘casual wear’ in cashmere dell’alpaca tibetano dalla coda ad elica, senza che nessun filo d’erba o pozza fangosa osi fare una qualche macchiolina.

O ancora, la scena della colazione della domenica. Tutti allegri, riposati e buontemponi, mentre gustano composti i pancake appena fatti e la frutta km zero.

Ed ecco che si insinua il senso di colpa, il dubbio.

Ma solo i miei al parco rompono tutti i pantaloni nelle ginocchia e si sporcano che neanche dopo la lotta nel fango? Solo i miei si alzano alle 6 di domenica sbattendo tra di loro i pentolini in metallo dell’Ikea, mentre io e padre li guardiamo attraverso le occhiaie, ricordando in piena sindrome da ‘Costa Crociere’ quel tempo in cui la domenica mattina era sveglia alle 10, coccole e ‘me time’?

Ma anche peggio. Ti senti inadeguata perché esci troppo, inadeguata perché non esci abbastanza. Inadeguata perché fai troppo o troppo poco movimento. Vestiti troppo piccoli o troppi vestiti. Brand low cost che uccidono l’ambiente e le persone, brand sostenibili che con 50 euro ci compri un paio di calzini. Cibo sano che gli fa schifo, cibo schifoso che almeno si mangia in pace. Giochi montessori che vengono lanciati contro la parete che almeno gli facciamo fare un bel suono. Giochi senza scopo educativo comprati al mercatone, che però gli piacciono un casino. Urli troppo. Sei troppo permissiva. Forse avresti potuto fare meglio?

E poi ci sono. Sì, ci sono quei momenti di equilibrio nei quali hai azzeccato il piatto sano che gli piace e giocano felici un’ora a rincorrersi in un giardinetto senza nessuna particolare attrattiva. Momenti nei quali tutto funziona e ti senti completa.

Come massima però, non sentirti in colpa amica mia se al posto del filetto di merluzzo pescato a mano in Alaska dal contadino amish, gli dai quello panato preso dalla confezione con un tizio vestito da Capitano.

La madre perfetta non esiste e, in fin dei conti, quale bambino la vorrebbe? Cioè, anche Mary Poppins alla fine comunque prende il suo ombrellino e parte per nuove avventure, mica si ciuccia i bambini fino alla vecchiaia.

senso di colpa maternità