HO 30 PAIA DI SCARPE, MA SONO MINIMALISTA

Meno etichette, più stati d’animo.

‘Ho ancora talmente tante cose’, mi dicevo fino a poco tempo fa.

Ed è vero, per quante ne abbia donate o buttate, la casa sembra sempre produrre nuovi oggetti, giochi, suppellettili da cucina, vestiti.

‘E poi come posso dirmi minimalista che vedo così tante cose che mi piacerebbero…’

Ed è vero, mi piacciono!

È autunno e mi piace quella nuova candela fatta a mano, le ballerine in velluto, il cardigan vinaccia.

Mi piace anche quel cappotto… che sarebbe l’ennesimo!

Trovo desiderabili tutte queste cose ma – alla fine – non le compro.

Cosa mi ha aiutato a ridurre parecchio gli acquisti?

Tante cose a dire il vero ma soprattutto una tattica semplice: prima di comprare aspetto almeno un giorno e poi passo alla fatidica domanda… Mi serve davvero?

La risposta, che ve lo dico a fare, nove volte su dieci è no.

E attenzione, nel sì non rientrano SOLO cose necessarie per la sopravvivenza (il cibo non lo metto nemmeno in lista) ma cose che arricchiscono la mia vita, che so che non finiranno subito nel dimenticatoio. E spesso non sono nemmeno cose, sono esperienze, e quelle sì mi servono come l’aria.

A volte la prendo quella candela profumata perché è una coccola nelle giornate fredde, ma ne prendo una o due, non 120.

Ho da poco avuto un‘illuminazione anche se non è farina del mio sacco: quando compriamo qualcosa, non diamo in cambio i nostri soldi ma il nostro tempo.

E io voglio davvero dover lavorare come una pazza per comprare montagne di roba? O voglio continuare ad amare il mio lavoro senza andare in burnout?

E voglio continuare a cercare disperatamente quello che mi serve nei mobiletti del bagno, nell’armadio o nelle ante della cucina, perché c’è talmente tanta roba che non si trova nulla?

Voglio passare le giornate a riordinare? A lavare? O a vivere la vita?

Voglio potermi permettere un corso e/o una vacanza?

Queste sono state tutte domande che mi hanno aiutato e mi aiutano tuttora a frenare il desiderio di shopping. Perché viviamo in una società basata sul consumo e siamo letteralmente bombardati di messaggi pubblicitari più o meno espliciti… non è colpa nostra se desideriamo continuamente.

Cerco di acquistare quello che mi porta valore, che mi arricchisce.

E non c’è una risposta uguale per tutti sia chiaro. Ci sono cose che amo avere e a un’altra persona non interessano – e viceversa. Ognuno sa cosa gli serve per arrivare a sera soddisfatto.

E le 30 paia di scarpe? 5 anni fa saranno state 50… Le butto un po’ alla volta, quando si distruggono o quando mi rendo conto che non le metto mai. Ma non c’è motivo di eliminarle solo per il gusto di farlo. Rimarrò sempre una a cui piace indossare una bella scarpa, ma sapete cosa?

Meno etichette, più stati d’animo.

COSA HO IMPARATO SUL CAMBIAMENTO

– consigli sul cambiamento per mamme piene di (legittime) scuse –

Com’è che faceva quella canzone di Daniele Silvestri?

“Le scuse che ci raccontiamo sono 4850…”

Vabbè non era proprio così ma rimane il fatto che ce ne raccontiamo parecchie. E sono proprio loro a non farci raggiungere il cambiamento che tanto speravamo.

Ma siccome non pretendo di mettermi in cattedra, passo subito a due esempi concreti che penso valgano più di mille parole.

Il primo è quello che ho condiviso anche su Instagram e riguarda il passaggio dal latte di mucca a quello vegetale per colazione.

Non suona come un cambiamento epocale vero?

Eppure mi ha richiesto più sforzo di tante altre grandi scelte della vita.

La verità è che il mio corpo mi mandava da anni segnali molto chiari. Mi urlava: “Ehi sorella, è inutile che OGNI SINGOLA MATTINA tu beva una tazza di enorme cappuccino, per poi lamentarti OGNI SINGOLO GIORNO di quanto sei gonfia”.

Per altro non dimentichiamo che la mia diastasi non è stata ancora operata (grazie Covid!), quindi mi gonfio davvero come una incinta al sesto mese.

Eppure per anni ho continuato a rimandare, a dire che non era il momento, che non trovavo alternative valide. Snocciolavo una scusa dopo l’altra.

Un giorno l’osteopata mi ha detto: “Pensa ai benefici che potresti avere. Credi che valgano lo sforzo?” e PAM, qualcosa è scattato.

Mi sono proprio focalizzata su “benefici versus rinunce” ed è inutile dire che i primi hanno vinto alla grande.

È stata una domanda ricca di saggezza infinita? Non direi. Ma è stata la domanda giusta al momento giusto: finalmente ero pronta.

Tipo alcolista anonima, è ormai un mese che sono pulita e inizio la giornata con la brodaglia ehm bevanda vegetale e non sono mai stata meglio. Tanto da chiedermi perché io abbia aspettato tutti questi anni.

Ecco quindi le prime lezioni che ho imparato sul cambiamento:

  1. Parte da un’idea che deve avere tempo di germogliare. Se non sei pronta, non sboccerà niente.
  2. Una molla importante è data dal disagio: quando stai talmente male (fisicamente o psicologicamente) che trovi finalmente la forza per mollare un’abitudine consolidata negli anni.
  3. Innesca un circolo virtuoso. Ti viene voglia di cambiare altro e sai di potercela fare

Veniamo ora al secondo grande cambiamento, che riguarda il workout.

Alzi la mano chi non ha avuto (o ha tuttora) momenti conflittuali con il movimento.

Sono una persona dinamica a cui piace muoversi. Naturalmente l’arrivo dei figli e i ritmi della gestione lavoro-casa-famiglia non hanno agevolato questa mia voglia. Eppure ho sempre e faticosamente trovato il modo di fare qualcosa, tra camminate e pilates (i miei preferiti).

Poi è arrivato il Covid, poi è arrivata la mia scelta di diventare freelance, ed ecco che sono passata al livello PRO del videogioco: quando diavolo fare workout?

Anche qui OVVIAMENTE sono intervenute le scuse che possiamo tutte immaginare: non ho tempo, non ho le forze, ci saranno momenti migliori… e la grande aggravante è sempre la diastasi di cui parlavo prima, perché ho la consapevolezza che per quanto faccia, non avrò mai il corpo che desidero finché non mi opero… Quindi perché impazzire?

Ma io sono testarda.

Ho deciso di eliminare l’aspettativa e concentrarmi sul benessere. Come sto bene dopo essermi mossa! Perfino la mente è più lucida.

E allora mi sono imposta di non puntare a chissà che cosa, perché tanto non sarei riuscita a portare avanti impegni troppo grandi. Mi sono detta: ‘Ok. Dal lunedì al venerdì faccio dai 5 ai 20 minuti di workout, a seconda di quanto tempo/voglia ho’.

Se sono scarichissima, so che 5 minuti volano, se sono carica, me ne concedo 20 e dopo sto alla grande.

Sono diventata una top model? No.

Però mi vedo meglio e soprattutto MI SENTO MEGLIO.

Ecco quindi cos’altro ho imparato:

4. Il cambiamento perché sia duraturo e sostenibile deve avvenire prima di tutto nella nostra mente. Se succede, allora niente può fermarci dal trovare il modo.

5. Non dobbiamo cadere nella trappola del “tutto e subito”. Non riusciremo mai a stravolgere qualcosa dal giorno alla notte, né otterremo risultati immediati.

6. Se non impariamo ad amare il processo, che senso ha il risultato? Se per arrivare a qualcosa dobbiamo rovinarci giorni, mesi o anni, ne vale la pena? La vita è il viaggio, non la meta (lo dicono anche gli Aerosmith). Quindi bisogna trovare il modo di rendere il cambiamento piacevole e su misura per noi.

Raccontami il tuo ultimo e faticoso cambiamento 🙂

“Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare.” (Wiston Churchill)