#LARTEDI SCRIVERE POESIE

Virginia Farina: i tempi difficili come motore per la creatività

I momenti difficili muovono qualcosa nel nostro cuore e lui, a suo modo, tenta di rispondere.

La poesia è una di quelle risposte.

Ma com’è fare poesia nei tempi degli schieramenti, della diffidenza, dell’etichettamento, della propaganda, dell’isolamento, della paura?

Com’è fare poesia dopo una pandemia?

Ce lo racconta Virginia Farina, poetessa e insegnante di yoga, specializzata in didattica dell’arte. 

Le sue opere hanno vinto diversi premi e le sue parole hanno girato in lungo e in largo per l’Italia ma anche all’estero.

Saper rimanere in Silenzio

C’è poco da fare, ci sono persone che hanno attorno a sé un’energia particolare e che sanno fare una cosa difficile per molti: guardarti negli occhi.

Le faccio diverse domande, cercando di capire cos’abbiano in comune le sue diverse competenze e lei me lo lascia intuire con una frase: rimango in una dimensione contemplativa della vita… in poche parole, rimango in ascolto.

E quanti di noi possono dire di saper veramente ascoltare?

Siamo bravissimi a parlare, a imbottire la mente di pensieri e cose da fare, siamo maghi dell’interrompere e del pensare a cosa risponderemo ancora prima che l’altro abbia finito di parlare.

Sappiamo ancora fare semplicemente silenzio e aprire le porte a quello che è fuori di noi?

“Ascoltare significa fare spazio dentro di me per poter creare un punto d’incontro con l’altro. A volte ‘l’altro’ è me stessa, quella parte di me che non sempre è raggiungibile.

La Scrittura è sempre una Relazione

Lo yoga che insegna Virginia è di tipo meditativo, in cui c’è prima l’ascolto e solo dopo l’azione. Nello stesso modo nascono le sue poesie, che prima sono silenzio e nutrimento, e solo dopo diventano versi.

Nata in un piccolo paese della Sardegna, è cresciuta con un papà che amava profondamente la poesia, specialmente quella tradizionale sarda. E poi molte persone attorno a lei conoscevano lunghissimi brani a memoria e ci si trovava nelle piazze per ascoltarli. 

E una bambina in un piccolo paese, quando ancora non giravano tablet e social network, doveva trovare modi alternativi e creativi di passare il tempo. Uno dei suoi passatempi era ascoltare: le storie, le poesie, la natura, la vita tutto attorno. E quando per anni si ascolta, prima o poi in qualche modo si risponde.

Le chiedo cosa la spinga a scrivere in questo tempo così travagliato.

“Molte poesie nascono da una conversazione immaginaria con altri autori: leggo o ascolto qualcosa e trovo la mia modalità di risposta. Perché la scrittura è sempre una relazione, non è mai un fatto individuale.

E poi c’è l’amore. Per mia figlia e per le persone che camminano con me.

E alla fine c’è anche la sofferenza, quella personale e quella collettiva. Il bisogno di rispondere alla sofferenza, cercando di capirla, mi ispira moltissimo.”

Fare poesia è saper dare un peso alle parole

Penso che in un’epoca di rumore forte e continuo, dove anche quando sei in casa hai la sensazione di stare in piazza all’ora di punta, sia difficile trovare la chiave per arrivare alle persone.

E se parte del mio lavoro è inseguire quella chiave, mi dico che ci vuole il doppio della fatica per farlo con dei versi: i versi non sono Reels, non sono Tik Tok e nemmeno un post su Facebook. Richiedono attenzione e tutto sommato uno sforzo.

Concordiamo insieme che oggi più che mai fare poesia vuol dire dare un peso alle parole, senza sprecarle. Scrivere poesie è cercare di essere un tramite tra un mondo complicato e i nostri cuori semplici alla disperata ricerca di risposte.

E ora che il tema della salute mentale è al centro del dibattito, mi chiedo e le chiedo come si relazioni alla sofferenza.

“C’è una connessione misteriosa e profonda tra sofferenza e origine della parola. 

Chi usa la parola può nominare la sofferenza, e nominare qualcosa è un modo di contenerla, di renderla tangibile. Ecco che anche le cose brutte fanno meno paura.

È importante nominare le cose che vediamo e, nello stesso tempo, non chiudere tutto quello che vediamo in definizioni. Lasciamo sempre una porticina aperta per un altro punto di vista, per un’altra verità.

Il cuore deve saper accogliere la sofferenza ed essere capace di farsi nuove domande, anche senza risposte immediate. 

Farci domande in questo tempo ci lascia aperti all’ascolto, e questo è vitale.”


Fammi casa

Fammi casa qui
nell’incertezza spaventosa 
del presente 
nell’apertura spaesante
all’orizzonte, 
fammi casa nella curva
sospesa del percorso 
tra ansa ed ansa
dove si perde il fiume
dove riposa il battito
del cuore
dove il respiro cessa 
per ricominciare, 

fammi casa nella precarietà 
dell’amore
dove essere vivi è 
quel che sappiamo, 
dove essere vivi 
ci basta.

(Bologna, 31 dicembre 2021)

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IMPARARE L’INGLESE DA PICCOLI

INSEGNARE AI BAMBINI PICCOLI A PARLARE INGLESE È POSSIBILE, DIVERTENTE E ALLA PORTATA DI TUTTI.

Chi mi conosce lo sa: quando fiuto un bel progetto firmato da qualche donna in gamba, lo condivido molto volentieri! E quando Laura mi ha parlato di Tongy – la nuovissima app per aiutare i bambini a imparare una seconda lingua – ho subito pensato di parlarne alle altre mamme (che poi sareste voi).

TONGY imparare inglese bambini

Ciao Laura, inizio subito con una domanda scottante: dimmi 3 motivi per cui pensi sia importante imparare una seconda lingua fin da piccolissimi

Ciao Manuela! Ce ne sarebbero tantissimi, ma va bene iniziare con i tre che ritengo essere i più importanti.

Un elemento fondamentale è senza dubbio l’apertura mentale: imparare una lingua significa imparare a parlarla – è vero – ma è anche conoscere una nuova cultura, un nuovo luogo.

Il secondo motivo è legato all’età e allo sviluppo del cervello: da piccoli si ha l’immensa potenzialità di apprendere come piccole spugne, senza fatica e in maniera automatica. Basti pensare a quanto è più faticoso imparare una nuova lingua in età adulta in termini di tempo, fatica, soldi. Ecco, iniziando quando il bimbo è ancora piccolo, a 7/8 anni potenzialmente potrebbe avere la competenza di un adulto medio (e se il percorso di apprendimento è fatto bene, anche migliore di un adulto!).

Terzo motivo: sentirsi a proprio agio. Vivere una lingua nel quotidiano, ascoltare canzoni, cartoni, giocare, conoscere amici che parlano inglese, abitua a vedere la lingua non come un qualcosa di “lontano” ma di normale. Quante volte vi siete sentiti a disagio o bloccati prima di dover parlare inglese, o comunque vi ci è voluto un po’ per abituarvi? Ancora una volta, questo potrebbe essere evitato ai bimbi perché crescerebbero vivendo una seconda o terza lingua come se fosse la loro normalità! Non è fantastico?

Raccontami com’è nato il progetto e qual è stato il percorso che ha portato all’app

Tongy nasce dalla mia esperienza personale come ragazza bilingue, con la volontà di fare questo regalo a tanti altri bambini, sfruttando il ruolo fondamentale che i genitori svolgono nella vita dei propri figli.

Con questa consapevolezza, ho cercato soluzioni che permettessero ai bimbi di apprendere una seconda lingua fin da piccoli e allo stesso tempo creare momenti divertenti direttamente in famiglia. Il risultato? Una piattaforma che dà ai genitori gli strumenti per portare la lingua nella quotidianità, supportandoli nel percorso. Ci sono attività pratiche (= giochi) e momenti dedicati all’inglese, inseriti nelle normali routine, come quella della nanna.

Ovviamente ci sono voluti molto tempo e lavoro – e più di un anno di test – prima di uscire con la prima versione. Faticoso? Tantissimo, ma fiera di aver creato con il mio team qualcosa di unico e di poter aiutare tantissime famiglie. 

bilinguismo bambini

In quanti lavorate dietro a Tongy?

Sono partita da sola con questo grande sogno/obiettivo e trovare qualcuno che credesse in qualcosa che era ancora nella mia testa non è stato semplice. Molte persone infatti hanno abbandonato – bisogna davvero farsi il mazzo! Ma grazie a chi non l’ha fatto e ha creduto davvero in Tongy, ora abbiamo i primi, importanti risultati. Siamo in cinque: io, Roberta Stefan (esperta di bilinguismo), Giovanni Candigliota (designer) e due developers, Lorenzo De Francesco e Gloria Giannascoli. Questo è solo l’inizio, a breve ci amplieremo!

Puoi spiegarmi come funziona e per chi è pensata?

Certo! Entrando nell’app ci sono delle sezioni a tema con vari contenuti fatti di spiegazioni tramite audio, video o testo. Le categorie sono tre: una dedicata al gioco; una dedicata al genitore, che comprende anche tutto il lato motivazionale e di supporto di vocaboli (ad esempio relativo alle routine); una dedicata alle risorse extra: tips, consigli sui libri e altre novità. Inoltre ci sono degli incontri mensili dove i genitori possono confrontarsi con esperti di settore, fare domande e conoscersi. 

Tutto questo è dedicato ai genitori che vogliono fare il regalo di insegnare la lingua inglese ai propri bambini, ma hanno diverse sfide da affrontare. Per questo un percorso con noi è perfetto: diamo supporto, facciamo risparmiare tempo e creiamo una rete di super-parents!

Serve che il genitore abbia buone competenze con la lingua che intende insegnare?

Qui viene il bello: no!

Abbiamo voluto fare qualcosa di davvero nuovo. Perché i piccoli imparino una seconda lingua, diamo l’opportunità di inserirla nel quotidiano pur non sapendola perfettamente. Le persone a volte non ci credono ma noi diamo i mezzi per farlo: frasi, vocaboli, audio madrelingua, consigli di libri e canzoni, così da passare tempo di valore insieme. Genitori e bambini hanno in questo modo la possibilità di condividere il percorso dell’apprendimento.

Le doti fondamentali sono la passione e la costanza: si fa un regalo che dura una vita. Tante famiglie ci fanno domande in merito, per questo teniamo spesso eventi live e facciamo informazione sui social, per far capire ai genitori che possono farlo.

Il Gruffalò in inglese

Bisogna investire molto tempo?

Questo dipende molto dall’obiettivo che ci si pone. C’è chi vuole solo dare un’infarinatura, chi vuole che il bimbo abbia una buona competenza e chi vuole che sappia l’inglese a livello madrelingua. Per ogni obiettivo ci sono degli accorgimenti di cui tenere conto ma in generale l’elemento fondamentale è la costanza: iniziare anche da 10 minuti al giorno, ma ogni giorno!

Poi come naturale conseguenza il tempo aumenterà. Per questo puntiamo molto sulle routine, sulla lettura, sulle canzoni… momenti che si svolgerebbero normalmente in italiano ma trasformati in lingua. Anche solo un viaggio in macchina può diventare un momento d’apprendimento! 

Mi lasci un regalo per le mie (amate) lettrici? 

Certo! Ho preparato per te e per le tue super lettrici una serie di attività dove mamme e figli possono mettersi in gioco. I giochi sono basati sulla famosa storia di The Gruffalo! Sono sicura piacerà.

Grazie per il tempo che hai dedicato a questa iniziativa. Per noi condividere quest’opportunità e stimolare i genitori a sfruttare le loro capacità è fondamentale!

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Da questa pagina potrai accedere alle fantastiche attività che Tongy ha pensato per noi (spoiler: potrete creare la maschera del Gruffalò e cucinare i pancakes ‘viola con le spine’) : http://bit.ly/ThanksManuela

Se ancora non conosci la storia di The Gruffalo, here it is 😉

P.S. Le iscrizioni a Tongy riapiranno domani – martedì 20 aprile

Puoi trovare Tongy su Facebook, Instagram e naturalmente sul suo sito web.