Senso di colpa e maternità: un tedioso binomio

Pare che le madri siano le candidate numero uno per provare sensi di colpa.
Pare proprio che li partoriamo insieme ai bambini e ci si attacchino addosso come sanguisughe.
Perché siamo così portate a sentirci in colpa?

Pare che le madri siano le candidate numero uno – primissimo posto indiscusso – per provare sensi di colpa.

Pare proprio che li partoriamo insieme ai bambini. E ci si attaccano addosso come sanguisughe.

Il perché non credo abbia origine univoca ma di certo due fattori ci pesano come macigni: i social e il ruolo femminile contemporaneo.

La mamma di oggi, grazie al cielo, ha il permesso di essere molte altre cose oltre che dispensatrice di vita e di schiaff coccole. Siamo esseri ricchi di interessi, sogni e cose da fare. Esseri umani in poche parole.

Ma forse a causa di quell’istinto biologico che ci spinge (giustamente) verso una dedizione alla cura della prole e un retaggio del passato che ancora riecheggia sotto forma di ‘madre ideale’, sempre disponibile fisicamente ed emotivamente, capita che spesso ci sentiamo in colpa.

Tolgo un’ora a mio figlio perché vado in palestra? Leggero senso di colpa.

Non lo metto a letto ed esco per ubriacarmi con le amiche, mentre mi guarda come il cucciolo più bastonato del mondo? Medio senso di colpa.

Gli sbraito in faccia e non riesco a rispondere al suo bisogno perché sono sull’orlo dell’esaurimento? Grande, grande senso di colpa.

E poi c’è lei. La madre ‘social’.

Ti svelo un segreto: la madre social non esiste. E’ solo una proiezione ideale composta da migliaia di frame di mamme diverse.

Anzi, più che mamme diverse, direi attimi di vita di mamme diverse. Sì perché nella foto con tonalità ben bilanciate, vedrai la madre intenta a giocare con un pezzo di legno insieme al suo bambino, entrambi coinvolti e appagati come fosse l’ultima puntata della serie preferita.

O la madre al parco, mentre il pargolo gioca sorridente nel suo ‘casual wear’ in cashmere dell’alpaca tibetano dalla coda ad elica, senza che nessun filo d’erba o pozza fangosa osi fare una qualche macchiolina.

O ancora, la scena della colazione della domenica. Tutti allegri, riposati e buontemponi, mentre gustano composti i pancake appena fatti e la frutta km zero.

Ed ecco che si insinua il senso di colpa, il dubbio.

Ma solo i miei al parco rompono tutti i pantaloni nelle ginocchia e si sporcano che neanche dopo la lotta nel fango? Solo i miei si alzano alle 6 di domenica sbattendo tra di loro i pentolini in metallo dell’Ikea, mentre io e padre li guardiamo attraverso le occhiaie, ricordando in piena sindrome da ‘Costa Crociere’ quel tempo in cui la domenica mattina era sveglia alle 10, coccole e ‘me time’?

Ma anche peggio. Ti senti inadeguata perché esci troppo, inadeguata perché non esci abbastanza. Inadeguata perché fai troppo o troppo poco movimento. Vestiti troppo piccoli o troppi vestiti. Brand low cost che uccidono l’ambiente e le persone, brand sostenibili che con 50 euro ci compri un paio di calzini. Cibo sano che gli fa schifo, cibo schifoso che almeno si mangia in pace. Giochi montessori che vengono lanciati contro la parete che almeno gli facciamo fare un bel suono. Giochi senza scopo educativo comprati al mercatone, che però gli piacciono un casino. Urli troppo. Sei troppo permissiva. Forse avresti potuto fare meglio?

E poi ci sono. Sì, ci sono quei momenti di equilibrio nei quali hai azzeccato il piatto sano che gli piace e giocano felici un’ora a rincorrersi in un giardinetto senza nessuna particolare attrattiva. Momenti nei quali tutto funziona e ti senti completa.

Come massima però, non sentirti in colpa amica mia se al posto del filetto di merluzzo pescato a mano in Alaska dal contadino amish, gli dai quello panato preso dalla confezione con un tizio vestito da Capitano.

La madre perfetta non esiste e, in fin dei conti, quale bambino la vorrebbe? Cioè, anche Mary Poppins alla fine comunque prende il suo ombrellino e parte per nuove avventure, mica si ciuccia i bambini fino alla vecchiaia.

senso di colpa maternità

Per noi sarà diverso

Una frase che la donna si ripete come un mantra di fronte ai racconti del terrore che le vengono propinati quando aspetta un bambino, primo, secondo o terzo che sia

Alzi la mano a chi di voi non è mai capitato durante la prima gravidanza di sentirsi dire frasi che iniziano con:”Eh, fai questo adesso perchè poi…”

Non credo nella solidarietà femminile, credo semmai nella solidarietà tra persone indipendente dal sesso, perchè di fatto mi sembra che ci sia un sottile gioco sadico che circola tra le madri. Si chiama gioco del terrorismo psicologico. Come dicevo è sottile, possono sembrare semplici racconti o piccoli consigli, ma celano un messaggio subliminale molto forte che ha il solo scopo di creare stati d’ansia nella futura madre.

In prima linea stanno i racconti sul parto. Per carità, non che si giusto parlare di unicorni che compaiono durante il travaglio e ti cospargono con polvere di fata ma ho come l’impressione che spesso le narrazioni del parto siano volutamente condite da dettagli truci per provocare – con una vena di sadismo – terrore puro nella poveretta col pancione. Semmai sarebbe più corretto porre l’attenzione sì sugli aspetti ‘splatter’ dell’esperienza – innegabili – ma anche e soprattutto su quelli positivi; perchè ok che alcuni parti sono una vera Odissea ma tanti altri rientrano nella cosiddetta normalità e quindi non si capisce perchè la parte che sottolinea l’enorme forza femminile, la potenza del corpo umano, la consapevolezza di stare comunque vivendo un’esperienza unica e la gioia di mettere al mondo il proprio bambino venga volutamente tralasciata o accennata appena. Io sono la prima che in compagnia fa battute sul dolore del parto perchè ehi, non è una passeggiata di salute, ma non manco di sottolineare che è stata nonostante tutto una bella esperienza, anche in quei momenti nei quali avrei sniffato cocaina pur di smettere di sentire male.

E poi c’è la maternità in generale. Le madri si divertono a lanciare anatemi sul tuo futuro da neomamma. Le frasi che più mi hanno mandato in bestia sono due: “Eh dormi adesso che sei incinta che poi…” insieme a: “Sì prenditi cura di te stessa finché puoi”

Cioè a parte che farsi delle colossali e soddisfacenti dormite quando la panza raggiunge volumi consistenti è una mera utopia, e poi mi chiedo come mai alcune donne si dimentichino totalmente di considerare tutte le variabili che stanno dietro alle situazioni delle altre madri. Ma che ne sai di che tipo di bambino avrà la tua amica, di quanti e quali aiuti abbia, di quale sia il suo grado di resistenza alla stanchezza e il suo modo di prendere le cose. Inoltre, chi è madre sa benissimo che quando sei in gioco, giochi. E la cosa diventa quasi automatica, la vita cambia e si plasma sulla nuova situazione e dopo lo sconvolgimento iniziale tutto quadra sui nuovi binari. Non credo sia giusto né utile porre ansie inutili prima del tempo. Che poi io ne conosco di mamme che si sono trovate neonati che già tiravano 6 di fila. E io vi dirò che non ho mai saltato una doccia né mi sono vestita con una maglia spaiata ai pantaloni. Poi certo che ci sono momenti di sconforto nei quali quasi ti chiedi chi te l’abbia fatto fare ma anche lì trovo un gioco sadico dover sempre enfatizzare solo gli aspetti no.

Infine ci sono io, che aspetto il mio secondo bambino, e che ogni tanto (per fortuna meno del primo giro) mi ritrovo coi commenti incoraggianti di madri bis che vogliono far sapere a tutte quanto sia terrorizzante il fatto di passare da uno a due.

“Se ti lamenti della stanchezza adesso vedrai con due!”

“Eh pensa poi a fare questa cosa con due!”

“Preparati perchè poi…”

Ecco ho una breaking news per voi, conosco mamme di tre che si destreggiano col sorriso nella vita di tutti i giorni. Che hanno momenti no come tutte noi ma che comunque non sono sull’orlo di una crisi di nervi e – per la maggior parte del tempo – non presentano occhiaie da panda.

Poi certo, ci sei tu che hai tuo figlio che non dorme da due anni, tu che hai tuo figlio che non mangia niente, il tuo che fa scenate in ogni dove, il tuo che non dà retta, il tuo che mena il fratellino… Io vi dico, lasciateci pensare che per noi sarà diverso. Perchè è così che facciamo tutte no? Di fronte ai più svariati racconti neri, ci diciamo che per noi sarà diverso.

E lo sarà, anche se non sappiamo diverso come.